L’azienda
Il Tratturo è il nome che abbiamo scelto per identificare la nostra azienda, perché fino ad una decina di anni fa eravamo solo La Famiglia Lazzarini, che affonda le proprie radici in tradizioni pastorali e casearie antiche.
Le nostre greggi fanno parte delle poche rimaste in Abruzzo a seguire le stagioni e le vie della transumanza, e per questo l’alimentazione dei nostri animali rispecchia ogni canone di qualità e trasparenza, cosa che ci assicura una qualità eccellente della carne e del latte.
La nostra famiglia ha sempre svolto questo lavoro con grande passione e dedizione, nonostante in alcuni momenti ci siano state parecchie difficoltà che ci hanno costretti a prendere decisioni significative. Infatti nel secondo dopoguerra, l’allora titolare d’azienda Francesco Lazzarini, dopo la dismissione dei tratturi, che permettevano lo spostamento delle greggi dall’Abruzzo fino in Puglia, e a causa della troppo lenta ripresa economica, fu costretto a vendere l’azienda e a cambiare lavoro. Si trasferì a Roma negli anni cinquanta, ma l’amore per la propria terra e le sue radici lo fecero presto tornare a casa e gettare le basi per quella che è oggi una vera e propria azienda pastorale a conduzione familiare.
L’azienda
Il Tratturo è il nome che abbiamo scelto per identificare la nostra azienda, perché fino ad una decina di anni fa eravamo solo La Famiglia Lazzarini, che affonda le proprie radici in tradizioni pastorali e casearie antiche.
Le nostre greggi fanno parte delle poche rimaste in Abruzzo a seguire le stagioni e le vie della transumanza, e per questo l’alimentazione dei nostri animali rispecchia ogni canone di qualità e trasparenza, cosa che ci assicura una qualità eccellente della carne e del latte.
La nostra famiglia ha sempre svolto questo lavoro con grande passione e dedizione, nonostante in alcuni momenti ci siano state parecchie difficoltà che ci hanno costretti a prendere decisioni significative. Infatti nel secondo dopoguerra, l’allora titolare d’azienda Francesco Lazzarini, dopo la dismissione dei tratturi, che permettevano lo spostamento delle greggi dall’Abruzzo fino in Puglia, e a causa della troppo lenta ripresa economica, fu costretto a vendere l’azienda e a cambiare lavoro. Si trasferì a Roma negli anni cinquanta, ma l’amore per la propria terra e le sue radici lo fecero presto tornare a casa e gettare le basi per quella che è oggi una vera e propria azienda pastorale a conduzione familiare.
Solo la passione e l’amore per il proprio lavoro accompagnato dallo spirito di una famiglia unita ci hanno permesso di affrontare la sfida più grande di tutte…QUELLA CONTRO IL TEMPO! Quel tempo che scorre inesorabile anche su un lavoro arcaico e antico come il nostro, che ci chiede costantemente di “aggiornarci” e di “evolverci” senza pensare che ad ogni nuovo passo in avanti si perdono piccoli ma importantissimi pezzi di un lavoro che non è soltanto tale, ma è prima di tutto e sopra tutto un testimone del passato, e che ci ricorda costantemente che senza tenere d’occhio il passato non si può guardare al futuro con certezza. Ed è proprio questo che ci dà la spinta di continuare a svolgere questo mestiere cercando sempre di mantenere vive le pratiche e le tradizioni di una volta.
Infatti, nonostante l’abolizione dei tratturi, pratichiamo ancora la transumanza spostandoci nel periodo estivo nelle montagne aquilane di Roccaraso per tornare poi nelle pianure della provincia di Pescara e Chieti durante il periodo invernale; nonostante le severissime norme sanitarie lavoriamo ancora il latte con l’antico metodo: caldaio di rame (lu callare) e lo spino di legno (lu mistic) per la rottura della cagliata.
Solo la passione e l’amore per il proprio lavoro accompagnato dallo spirito di una famiglia unita ci hanno permesso di affrontare la sfida più grande di tutte…QUELLA CONTRO IL TEMPO! Quel tempo che scorre inesorabile anche su un lavoro arcaico e antico come il nostro, che ci chiede costantemente di “aggiornarci” e di “evolverci” senza pensare che ad ogni nuovo passo in avanti si perdono piccoli ma importantissimi pezzi di un lavoro che non è soltanto tale, ma è prima di tutto e sopra tutto un testimone del passato, e che ci ricorda costantemente che senza tenere d’occhio il passato non si può guardare al futuro con certezza. Ed è proprio questo che ci dà la spinta di continuare a svolgere questo mestiere cercando sempre di mantenere vive le pratiche e le tradizioni di una volta.
Infatti, nonostante l’abolizione dei tratturi, pratichiamo ancora la transumanza spostandoci nel periodo estivo nelle montagne aquilane di Roccaraso per tornare poi nelle pianure della provincia di Pescara e Chieti durante il periodo invernale; nonostante le severissime norme sanitarie lavoriamo ancora il latte con l’antico metodo: caldaio di rame (lu callare) e lo spino di legno (lu mistic) per la rottura della cagliata.
Un po’ di storia
I TRATTURI
L’origine della transumanza è legata, da sempre, al fatto che le greggi debbano pascolare tutto l’anno, con disponibilità di erba fresca per quanto più tempo possibile.
“ Il nome ‘tratturo’ comparve per la prima volta durante gli ultimi secoli dell’Impero romano come deformazione fonetica del termine latino tractoria, vocabolo che, nei codici di Teodosio e di Giustiniano, designava il privilegio dell’uso gratuito del suolo di proprietà dello Stato, di cui beneficiavano i funzionari dello Stato e che venne esteso ai pastori transumanti.
I pascoli potevano essere distanti fra loro anche centinaia di chilometri e, per poterli raggiungere, si utilizzavano dei larghi sentieri erbosi, originatosi dal passaggio degli armenti, denominati appunto TRATTURI. Già a partire dal 192 a.C. si creò una magistratura pastorale.
Poi nel secolo I a.C. le pecore transumanti venivano contate nelle stationes poste lungo il cammino, in quelle che poi sarebbero diventate le poste della Dogana, e dovevano pagare una scriptura per ogni animale.
Verso la fine dell’Impero romano si applicò ai pastori la “pensio”, ossia una tassa fissa, che i pastori dovevano pagare per pascolare sulle terre imperiali.
Nel periodo medioevale intervenne invece la fida pascolo, ossia l’obbligo di pagare, per l’erba messa a disposizione, una “fida” al feudatario o allo Stato.
La fida è tutt’oggi presente su tante terre pubbliche comunali e demaniali.
I tratturi furono dichiarati beni demaniali da Guglielmo il Malo nel 1155, ma è con gli Aragonesi, e con la fondazione della Dogana della Mena, ( 1447 – 1806) che il sistema fù perfezionato, organizzato e istituzionalizzato.
“Nel 1532 la regolamentazione dei pascoli di Puglia fù estesa anche a quelli dei pascoli abruzzesi e si stabili che anche coloro i quali non si fossero spostati nel tavoliere dovessero l’intera fida pari a 13,2 ducati per ogni 100 capi posseduti. In questo modo il prezzo degli erbaggi per i locati abruzzesi divenne una vera e propria tassa, che bisognava pagare indipendentemente dall’uso dei pascoli in Puglia”– (Paola Pierucci – Le doganelle d’Abruzzo: Struttura ed evoluzione di un sistema pastorale periferico.)
Il pagamento della fida si faceva a credito, credito che scadeva al momento della vendita dei prodotti, così come gli acquisti di beni strumentali necessari al pastore.
E’ anche per questo motivo che prima della partenza delle greggi si tenevano importanti fiere locali, in cui si vendevano i prodotti dell’allevamento e si aveva così la possibilità di pagare il costo del pascolamento.
Nel periodo di massimo sviluppo la rete viaria si estendeva da L’Aquila a Taranto, dall’Adriatico alle falde del Matese, con uno sviluppo complessivo che superava i 3.000 chilometri e che occupava circa 21.000 ettari.
L’intera rete si articolava in grandi vie, i tratturi, e in vie secondarie, i tratturelli e i bracci, più modesti e con compiti prevalentemente di raccordo capillare fra le grandi arterie e le aree più interne. In Italia i tratturi erano larghi 111 mt
La pastorizia transumante non ha soltanto condizionato il territorio, ma per millenni è stata la forma economica più importante.
Non a caso pecunia, deriva da pecus, bestiame, quando l’economia si basava sulla pastorizia e sugli scambi commerciali, piuttosto che sul denaro ed il bronzo veniva contrassegnato con l’immagine della pecora.
Il continuo movimento di uomini e animali ha dato origine, lungo i percorsi dei tratturi, prima ad aree di insediamento pastorale e poi alla nascita di paesi e città che con il tempo sarebbero diventati importanti centri economici.
Quando pensiamo ai pastori, fino al 20º secolo, forse pensiamo a persone che vivevano un po’ ai margini della società, privi di cultura, ma molti pastori, anche quelli più umili, avevano conoscenza ad esempio della letteratura cavalleresca, della letteratura epica, alcuni pastori sono diventati degli scrittori, altri ancora avevano un spiccato senso dell’arte tanto da influenzare anche l’arte orafa abruzzese, infatti molte immagini e creazioni orafe sono legate alla cultura pastorale.
LA TRANSUAMANZA
La transumanza è una antichissima pratica zootecnica presente da sempre in tutta l’area mediterranea.
Dire transumanza vuol dire pastorizia itinerante. Un significato che trova conferma nella stessa etimologia del termine, derivante dalla fusione delle due espressioni latine trans e humus che vogliono dire: andare oltre, al di là della terra in cui si risiede; e naturalmente farvi ritorno.
Ma la transumanza non è solo una forma di allevamento basato sulla migrazione stagionale delle greggi, dai pascoli di montagna ai pascoli di pianura e viceversa, la transumanza è, o meglio, è stata, qualcosa di più complesso e soprattutto di più impegnativo che ha richiesto un’organizzazione capillare del lavoro sul campo, per far fronte alla elevata quantità e diversità di produzione, tra cui: la lana, le pelli, il formaggio e la carne, che derivavano tutte dall’allevamento delle greggi.
Una organizzazione del lavoro che non è limitata all’autoconsumo o al semplice sostentamento dell’economia domestica, bensì un’organizzazione le cui finalità produttive hanno riguardato soprattutto il mercato e il profitto, portando con se un vero e proprio indotto economico.
Lo strumento capace di garantire tutto ciò è stato il gregge. Le pecore sono state vere e proprie “macchine rigeneratrici” capaci di convertire la lana in tessuti, il letame in fertilizzante per i campi, il formaggio e la carne in sostentamento aziendale e famigliare e sopratutto questi furono utilizzati come merce di scambio quando ancora si praticava il baratto.
Tutti questi processi avvengono in modo autonomo, una vera e propria carovana in movimento che è autosufficiente ma nello stesso tempo porta benessere ed economia ai luoghi che attraversa.
Se si vuole immaginare la transumanza del passato non si deve pensare al movimento di singoli pastori che, ciascuno per proprio conto, spostavano in autunno le greggi dai pascoli montani per poi ripercorrere in primavera il tragitto inverso.
Al contrario, si deve pensare a lunghe e animate carovane composte da centinaia di greggi con decine di migliaia di capi di bestiame al cui seguito si contavano, decine e decine di uomini a piedi, a cavallo e con i carri.
Uomini tutti impegnati in diverse mansioni: massari, pastori, garzoni, casari e tutti al servizio di facoltosi datori di lavoro da cui ricevevano per il lavoro svolto un salario in denaro e una modesta quantità di cibo.
Nei secoli il lavoro dei pastori ha svolto, e continua tutt’ora a svolgere, un importante servizio per l’ambiente perché è naturalmente biologico, ecologico e all’insegna della sostenibilità
Un po’ di storia
I TRATTURI
L’origine della transumanza è legata, da sempre, al fatto che le greggi debbano pascolare tutto l’anno, con disponibilità di erba fresca per quanto più tempo possibile.
“ Il nome ‘tratturo’ comparve per la prima volta durante gli ultimi secoli dell’Impero romano come deformazione fonetica del termine latino tractoria, vocabolo che, nei codici di Teodosio e di Giustiniano, designava il privilegio dell’uso gratuito del suolo di proprietà dello Stato, di cui beneficiavano i funzionari dello Stato e che venne esteso ai pastori transumanti.
I pascoli potevano essere distanti fra loro anche centinaia di chilometri e, per poterli raggiungere, si utilizzavano dei larghi sentieri erbosi, originatosi dal passaggio degli armenti, denominati appunto TRATTURI. Già a partire dal 192 a.C. si creò una magistratura pastorale.
Poi nel secolo I a.C. le pecore transumanti venivano contate nelle stationes poste lungo il cammino, in quelle che poi sarebbero diventate le poste della Dogana, e dovevano pagare una scriptura per ogni animale.
Verso la fine dell’Impero romano si applicò ai pastori la “pensio”, ossia una tassa fissa, che i pastori dovevano pagare per pascolare sulle terre imperiali.
Nel periodo medioevale intervenne invece la fida pascolo, ossia l’obbligo di pagare, per l’erba messa a disposizione, una “fida” al feudatario o allo Stato.
La fida è tutt’oggi presente su tante terre pubbliche comunali e demaniali.
I tratturi furono dichiarati beni demaniali da Guglielmo il Malo nel 1155, ma è con gli Aragonesi, e con la fondazione della Dogana della Mena, ( 1447 – 1806) che il sistema fù perfezionato, organizzato e istituzionalizzato.
“Nel 1532 la regolamentazione dei pascoli di Puglia fù estesa anche a quelli dei pascoli abruzzesi e si stabili che anche coloro i quali non si fossero spostati nel tavoliere dovessero l’intera fida pari a 13,2 ducati per ogni 100 capi posseduti. In questo modo il prezzo degli erbaggi per i locati abruzzesi divenne una vera e propria tassa, che bisognava pagare indipendentemente dall’uso dei pascoli in Puglia”– (Paola Pierucci – Le doganelle d’Abruzzo: Struttura ed evoluzione di un sistema pastorale periferico.)
Il pagamento della fida si faceva a credito, credito che scadeva al momento della vendita dei prodotti, così come gli acquisti di beni strumentali necessari al pastore.
E’ anche per questo motivo che prima della partenza delle greggi si tenevano importanti fiere locali, in cui si vendevano i prodotti dell’allevamento e si aveva così la possibilità di pagare il costo del pascolamento.
Nel periodo di massimo sviluppo la rete viaria si estendeva da L’Aquila a Taranto, dall’Adriatico alle falde del Matese, con uno sviluppo complessivo che superava i 3.000 chilometri e che occupava circa 21.000 ettari.
L’intera rete si articolava in grandi vie, i tratturi, e in vie secondarie, i tratturelli e i bracci, più modesti e con compiti prevalentemente di raccordo capillare fra le grandi arterie e le aree più interne. In Italia i tratturi erano larghi 111 mt
La pastorizia transumante non ha soltanto condizionato il territorio, ma per millenni è stata la forma economica più importante.
Non a caso pecunia, deriva da pecus, bestiame, quando l’economia si basava sulla pastorizia e sugli scambi commerciali, piuttosto che sul denaro ed il bronzo veniva contrassegnato con l’immagine della pecora.
Il continuo movimento di uomini e animali ha dato origine, lungo i percorsi dei tratturi, prima ad aree di insediamento pastorale e poi alla nascita di paesi e città che con il tempo sarebbero diventati importanti centri economici.
Quando pensiamo ai pastori, fino al 20º secolo, forse pensiamo a persone che vivevano un po’ ai margini della società, privi di cultura, ma molti pastori, anche quelli più umili, avevano conoscenza ad esempio della letteratura cavalleresca, della letteratura epica, alcuni pastori sono diventati degli scrittori, altri ancora avevano un spiccato senso dell’arte tanto da influenzare anche l’arte orafa abruzzese, infatti molte immagini e creazioni orafe sono legate alla cultura pastorale.
LA TRANSUAMANZA
La transumanza è una antichissima pratica zootecnica presente da sempre in tutta l’area mediterranea.
Dire transumanza vuol dire pastorizia itinerante. Un significato che trova conferma nella stessa etimologia del termine, derivante dalla fusione delle due espressioni latine trans e humus che vogliono dire: andare oltre, al di là della terra in cui si risiede; e naturalmente farvi ritorno.
Ma la transumanza non è solo una forma di allevamento basato sulla migrazione stagionale delle greggi, dai pascoli di montagna ai pascoli di pianura e viceversa, la transumanza è, o meglio, è stata, qualcosa di più complesso e soprattutto di più impegnativo che ha richiesto un’organizzazione capillare del lavoro sul campo, per far fronte alla elevata quantità e diversità di produzione, tra cui: la lana, le pelli, il formaggio e la carne, che derivavano tutte dall’allevamento delle greggi.
Una organizzazione del lavoro che non è limitata all’autoconsumo o al semplice sostentamento dell’economia domestica, bensì un’organizzazione le cui finalità produttive hanno riguardato soprattutto il mercato e il profitto, portando con se un vero e proprio indotto economico.
Lo strumento capace di garantire tutto ciò è stato il gregge. Le pecore sono state vere e proprie “macchine rigeneratrici” capaci di convertire la lana in tessuti, il letame in fertilizzante per i campi, il formaggio e la carne in sostentamento aziendale e famigliare e sopratutto questi furono utilizzati come merce di scambio quando ancora si praticava il baratto.
Tutti questi processi avvengono in modo autonomo, una vera e propria carovana in movimento che è autosufficiente ma nello stesso tempo porta benessere ed economia ai luoghi che attraversa.
Se si vuole immaginare la transumanza del passato non si deve pensare al movimento di singoli pastori che, ciascuno per proprio conto, spostavano in autunno le greggi dai pascoli montani per poi ripercorrere in primavera il tragitto inverso.
Al contrario, si deve pensare a lunghe e animate carovane composte da centinaia di greggi con decine di migliaia di capi di bestiame al cui seguito si contavano, decine e decine di uomini a piedi, a cavallo e con i carri.
Uomini tutti impegnati in diverse mansioni: massari, pastori, garzoni, casari e tutti al servizio di facoltosi datori di lavoro da cui ricevevano per il lavoro svolto un salario in denaro e una modesta quantità di cibo.
Nei secoli il lavoro dei pastori ha svolto, e continua tutt’ora a svolgere, un importante servizio per l’ambiente perché è naturalmente biologico, ecologico e all’insegna della sostenibilità